FARE I CONTI CON IL RURALE

Dal 29 aprile all'11 giugno 2023

Una mostra a cura di Arnold Braho in collaborazione con Camilla Remondina e con il Patrocinio di Comune di Iseo e della galleria The Address

 

“Era il mondo ormai a essergli diverso, fatto di stretti e ricurvi ponti nel vuoto, di nodi o scaglie o rughe che irruvidiscono le scorze, di luci che variano il loro verde a seconda del velario di foglie più fitte o più rade, tremanti al primo scuotersi d’aria sui peduncoli o mosse come vele insieme all’incurvarsi dell’albero. Mentre il nostro, di mondo, s’appiattiva là in fondo, e noi avevamo figure sproporzionate e certo nulla capivamo di quel che lui lassù sapeva […]” (Italo Calvino, Il barone rampante, 1957)

 

Per fare i conti con il rurale e in senso più ampio con la natura, che è la principale attrice all’interno della ricerca degli artisti presenti nel progetto espositivo, bisogna fare un cambiamento di prospettiva verso le cose che costituiscono il mondo. Le modalità tramite cui percepiamo l’ambiente rurale e le strutture ecosistemiche, che compongono la nostra concezione di territorio, sono fortemente influenzate dalle scale di relazione a cui dobbiamo sottostare, rapporti che sono spesso disallineati a causa della mancanza di coordinate culturali per poterci orientare all’interno di queste conoscenze e pratiche. I meccanismi culturali che abbiamo prodotto ci consentono di decodificare la natura solamente attraverso l’osservazione di frammenti di realtà, permettendoci così di percepirla principalmente come oggetto di consumo, piuttosto che di conoscenza. Come orientarsi allora all’interno di queste cartografie naturali? Come vivere il corpo? Come concepire diversamente il tempo e la memoria? Come pensare invece le relazioni e i desideri? Come essere insieme?

La moltitudine di elementi che caratterizza la cosmologia di ricerche presenti all’interno del progetto Fare i conti con il rurale è prodotta dall’insieme delle relazioni poietiche, politiche, sensoriali, cognitive, emotive, e, grazie ad un certo grado di sensibilità verso la natura, viene inteso come luogo per la produzione del contemporaneo. Le ricerche si propongono come esperienza accumulata all’interno di un determinato contesto, con opere che, attraverso i vari linguaggi proposti, fondano la loro estetica e modalità d’espressione in un cambio di scala, capace di allinearsi a quello della natura, al suo tempo, ai suoi concatenamenti, alla sua memoria.

 

Il paesaggio come lascito dell’impronta collettiva e la decodificazione di cartografie mnemoniche, quanto l’analisi delle possibilità insite all’interno di questo tessuto stratificato, si materializzano in termini scultorei e installativi all’interno della ricerca artistica di Lucia Cristiani (Milano, 1991), mentre per Nicola Ghirardelli (Milano, 1996) la matericità opera sulla natura mediante tecniche e saperi antichi che riemergono ricontestualizzando strutture simboliche desuete, dando nuovo significato e inserendo in una nuova storia immagini ed elementi naturali.

Il focus ravvicinato dei movimenti e delle strutture di esseri vegetali e animali eseguiti da Marina Cavadini (Milano, 1988) mettono in luce la sensibilità e la fragilità degli ecosistemi, fornendo una rappresentazione di resilienza intrinseca in alcuni esseri viventi presenti in ambienti ostili. Allo stesso tempo Edoardo Manzoni (Milano, 1993) pone al centro della sua ricerca un’analisi dei rapporti di interdipendenza tra uomo e animale, in questo sono la caccia e le pratiche millenarie di sopravvivenza ad essere analizzate, e di conseguenza le successive imitazioni, la mappatura dei territori, la progettazione di strumenti.

Oliviero Fiorenzi (Osimo, 1992) utilizza l’apparato semiotico per reintrodurre strumenti di comunicazione legati al gioco, un linguaggio dell’infante che opera come dispositivo di contatto con gli elementi naturali stessi come cielo, terra e acqua.

Per Edoardo Caimi (Milano, 1989) il linguaggio fonda le sue radici nel primitivo, nel tecnologico e nel tribale, attingendo alle culture delle periferie suburbane e rurali, fondendosi attraverso materiali industriali ed elementi naturali, in una cornice narrativa che immagina strumenti di sopravvivenza all’interno di un contesto post-apocalittico.

L’immaginario all’interno delle opere pittoriche di Alice Faloretti (Brescia, 1992) sembra porsi come la concatenazione tra vari tempi, la proposizione di una continuità all’interno dell’opera che guarda a passato, presente e futuro rimodulandone i principi di base, dove un immaginario dettato dalle trasformazioni della natura e degli agenti atmosferici si fonde con quello dell’esperienza personale e della memoria. Allo stesso tempo Giorgio Mattia (Milano, 1997) attua la sua ricerca verso un duplice fronte all’interno del proprio lavoro: da un lato una vigorosa sperimentazione verso strutture a sostegno di immagini fragili, dall’altro una minuziosa attenzione alle politiche della rappresentazione della natura e delle sue ipotetiche trasformazioni nel tempo.

Infine Manuel Gardina (Brescia, 1990) focalizza la ricerca sugli elementi naturali traducendone l’immagine attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie e media, riproducendo attraverso linguaggi programmatici una riflessione del confine tra naturale e artificiale, ponendo in discussione le relazioni emerse all’interno del discorso contemporaneo fra i due elementi.

 

Fare i conti con il rurale si manifesta come un progetto di ricerca, proponendo linguaggi pratici che operano all’interno del panorama italiano con l’intenzione di visualizzare modalità d’azione e di riproduzione. La necessità è quella di apprendere, dalla natura e dal rapporto con essa, saperi dimenticati, espandendo l’immaginario a forme e formati che non esistono all’interno delle istituzioni e cornici contemporanee. Lo sguardo si situa così con una certa radicalità all’interno di posizioni sociali che fondano le loro conoscenze ai margini, contribuendo a modalità di sostegno, e allo stesso tempo rivendicando modalità di esistenza dei “commons” e immaginandone di nuovi.

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